Livida, con il volto tumefatto, sopra un letto d’ospedale dove il tempo sembra ormai fermarsi. Non una visita dietro quella porta: mio figlio ha tre anni non riuscirebbe a venire da solo. Era iniziata come una mattinata qualunque: una di quelle che sai già come andrà a finire. Andrea: una sfilza di capelli scuri e un sorrisetto da fare impazzire chiunque. Quarant’anni di cui venti trascorsi a fare la moglie: mio marito non ha mai accettato che sfruttassi la mia laurea in ingegneria; diceva che tanto bastava il suo stipendio per farci stare bene.” È tardi! Devo accompagnare il bambino all’asilo”. Ma puntualmente mio marito mi si avvicina: ” tieni! Stira questa camicia deve essere perfetta! Devo andare a lavorare, non come te che non fai nulla dalla mattina alla sera!”ln quei momenti lo detesto! Come se fare la casalinga non fosse già un lavoro. Stiro la camicia, la indossa, ma non è soddisfatto: inizia a riempirmi di calci e pugni sotto gli occhi impauriti di mio figlio, mentre i miei vestiti sono intrisi di sangue, cerco di calmare il mio bambino. La bestia non si ferma : finché non arriva la polizia. Finalmente i miei vicini hanno deciso di buttare giù l’omertà. Chiamano mio fratello: che non vedo da anni, Amelio detesta la mia famiglia, è da molto tempo non ho più rapporti con loro, pur vivendo nella stessa città. L’ambulanza mi porta in ospedale: mentre la mia testa rimpiange per non aver mai chiesto aiuto prima: ” è solo uno schiaffo, è geloso; dovrebbe farti piacere Carla, dicevo a me stessa”. Da un solo schiaffo, la mia vita è diventata un inferno. L’infermiera entra nella mia stanza, mi avverte che fuori c’è mia madre: il cuore mi si riempie di gioia. Entra, mi abbraccia, mi dice che quando uscirò lei sarà pronta ad accogliere me e Andrea: il cuore mi si riempie di gioia. Andrò in tribunale, non avrò più pietà di colui che mi ha rovinato l’esistenza, una nuova vita, ma soprattutto una nuova Carla.
